“Un parco nazionale che tuteli l’area interna fra le alte Marche e la Valtiberina (umbra e toscana), ovvero la dorsale appenninica del Catria, del Nerone e dell’Alpe della Luna”. Il comitato che si è appositamente formato adopera il verbo “tutelare”, perché preoccupato non poco dai progetti che interessano la dorsale: le decine di torri eoliche alte centinaia di metri, un gasdotto gigantesco che rischia di comportare il taglio di milioni di alberi, torri per il 5G e altro ancora. Anni fa – ricorda sempre il comitato – girava anche un progetto per la realizzazione di una discarica per rifiuti speciali e un altro per rifiuti ospedalieri.
È quello che accade in un luogo che evidentemente “non vale niente” – si legge nella nota – e non vale niente per chi arriva con queste proposte, poiché vede solo aree poco popolate e lontane da sguardi indiscreti. Forse non vale niente anche per alcuni residenti, che ancora non comprendono di avere in mano le chiavi del futuro (e dell’economia): spazio libero e naturale, vasti paesaggi, foreste, fauna selvatica. E acqua. Tutte cose che rappresentano, già ora, un valore indiscutibile. E allora, il comitato arriva al dunque: “È giunto il momento di riconoscere tale valore e un parco nazionale è lo strumento giusto (forse l’unico) a disposizione. I parchi si fanno in territori pregiati, ai quali viene attribuita un’importanza speciale. Nei parchi nazionali si vive bene e l’economia dei centri abitati al loro interno sovrasta sempre quella delle aree circostanti”.
L’esempio addotto è quello relativo a un piccolo centro del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, che anni addietro è salito all’onore delle cronache per essere il luogo “più ricco d’Italia”, ovvero quello con maggiori depositi bancari pro capite. Un luogo che, senza parco, sarebbe probabilmente scomparso da tempo dalle carte geografiche. “I parchi quindi, lungi dall’essere “carrozzoni” o arcigni enti “vessatori” – precisa il comitato – sono istituzioni che oggi vengono costruite dal basso e sono gestiti democraticamente, con le popolazioni locali ben rappresentate e determinanti nelle scelte attraverso i loro rappresentanti e l’attuazione di percorsi decisionali condivisi.
È una cosa che si può progettare dal basso, lavorando sui confini e su concetti come la “zonizzazione”, che contempla forme di tutela differenziata a seconda delle aree. Preziose sono le aree di pre-parco o aree contigue. Qui, ad esempio, si può cacciare ed i cacciatori residenti hanno un trattamento di netto riguardo rispetto ai “forestieri”. Ma non si possono costruire torri eoliche, gasdotti e discariche speciali. I residenti hanno dei vantaggi netti anche nella raccolta dei funghi e tartufi, mentre l’utenza esterna deve sottostare a regole più stringenti. L’istituzione di un parco nazionale comporterebbe mediamente, per ognuno dei Comuni interessati, la messa a disposizione mediamente, del 20/25% del territorio. Sta a noi, alle popolazioni locali, dare il via a questo “sogno”. Oppure, accettare come ineluttabili tutte le schifezze che continueranno a pioverci in testa”.