A livello regionale l’istituzione degli ATO è stata prevista per tutelare i comuni nei confronti dei gestori unici. Tuttavia nel caso della Toscana meridionale tale azione di supporto sembra talvolta affievolirsi a causa di alcuni particolari fattori. Innanzitutto le quote di rappresentanza dei comuni variano molto: i più piccoli hanno percentuali che si collocano nell’ordine del secondo decimale dopo la virgola, mentre quelli che ospitano impianti nel proprio territorio arrivano anche a superare la doppia cifra. Le altre variabili che incidono su questa gerarchia sono la produzione complessiva di rifiuti e la percentuale di raccolta differenziata; ne consegue che all’interno di un’assemblea di 104 comuni, 7 da soli riescono a raggiungere il 58,74% (Abbadia S. Salvatore 2,53%, Asciano 6,87%, Poggibonsi 6,03%, Arezzo 13,68%, Terranova Bracciolini 14,41%, Civitella Paganico 3,34%, Grosseto 11,88%), mentre agli altri 97 si dividono il rimanente 41,26%. Tra questi ultimi i comuni della Valtiberina hanno percentuali che vanno dallo 0,77 di Sansepolcro, allo 0,03 di Badia Tedalda.
Di fatto tali numeri manifestano chiaramente un primo elemento ineludibile: in termini decisionali il peso di coloro che sono sede di impianto è schiacciante e di fatto i comuni più piccoli non hanno concrete possibilità di incidere su certe scelte. Questo elemento non può dunque non creare attriti e malcontenti, soprattutto in quelle realtà marginali che presentano condizioni geo-morfologiche particolari: ad esempio la Valtiberina, similmente al Casentino, ha condizioni, quindi esigenze, molto differenti da quelle delle aree maggiormente urbanizzate, o da quelle costiere. Oltre a ciò, lo stesso comprensorio, il più orientale di tutta la regione, non ha interessi particolari a servirsi degli impianti della macro-area che invece sono fonte di entrate per i comuni che detengono quote delle società che gestiscono gli stessi.
In considerazione di quanto riportato, per la Valtiberina potrebbe essere più razionale e conveniente, non tanto da un punto di vista economico ma in termini decisionali, appoggiarsi a sistemi territoriali più vicini e meno dispersivi. In merito a ciò si ricorda che a Sestino, in virtù della sua particolare posizione geografica, è stata riconosciuta – tramite l’art. 30 della Legge Regionale 69/2011 – la possibilità di essere incorporato nel vicino Ato marchigiano. Sulla scia di questo esempio viene naturale chiedersi se anche per gli altri comuni valtiberini potrebbe essere sensato ed opportuno rivolgersi al prospiciente Ato dell’Umbria settentrionale: a Sansepolcro tale ipotesi è stata, ad esempio, dibattuta anche in Consiglio Comunale il 22 ottobre 2018 dopo che il Movimento Cinque Stelle aveva presentato una mozione, poi approvata all’unanimità, che chiedeva la risoluzione del contratto con Sei Toscana. Tuttavia in quel periodo il ragionamento non assunse mai una reale concretezza dato che nel vicino ambito umbro era sta bloccata la gara di affidamento per il nuovo gestore, pertanto anche l’idea di una possibile convergenza sfumò nell’incertezza di quel periodo.
Al contrario di allora, oggi la situazione umbra si è sbloccata e dal 1° gennaio 2023 la parte settentrionale della regione ha un nuovo gestore unico: Sogeco, una società nata dalla fusione di Sogepu con Ece (Ex Ecocave) che per 15 anni gestirà sia la raccolta che lo smaltimento dei rifiuti. Al di là di quella che potrebbe essere la differenza in termini di costi e standard qualitativi, l’Ato Alta Umbria di certo non ha quelle criticità proprie del modello toscano che invece ha scorporato la raccolta e la gestione dei rifiuti, dallo smaltimento degli stessi. Oltre a ciò, in termini decisionali i numeri dell’ambito umbro garantiscono altre condizioni, dato che i comuni dell’ambito ottimale sono 15 anziché 104. Da un punto di vista tecnico e procedurale il comma 5 dell’art. 30 della Legge Regionale 69/2011 consentirebbe di avviare un iter che, previo l’assenso dei due Ato (Toscana Sud e Alta Umbria), potrebbe mettere seriamente in discussione gli attuali assetti territoriali attraverso i quali vengono gestiti i rifiuti. Tutto sta capire se da un punto di vista politico si riscontreranno davvero la volontà e le condizioni per intraprendere un percorso che poi, in termini di funzionalità, potrebbe aprire la strada anche ad altre forme di possibile collaborazione tra due aree amministrativamente divise, ma geograficamente contigue.