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Confcommercio: «Terziario in rosso per la crisi da Covid»

Il terziario toscano è in rosso a causa della crisi economica scatenata dalla pandemia. Così nel 2020, rispetto al 2019, è crollata la voglia di fare impresa. In provincia di Arezzo va un po’ “meglio” che nel resto della Toscana: -15% di imprese nuove nate nei settori commercio, turismo e “servizi, quando la media regionale è -20%, con punte del -28% a Livorno e del – 26% a Pistoia.

Ma è una magra, magrissima consolazione per il terziario aretino, che vive tutte le difficoltà messe in luce dall’ultimo osservatorio semestrale di Format Research per Confcommercio Toscana, a resoconto del 2020: a livello regionale sono sparite 1.400 imprese solo nel commercio, 7.500 sono in bilico e si reggono solo grazie ai ristori; sono svaniti oltre il 60% dei ricavi per turismo e ristorazione, il 50% per il dettaglio non alimentare e fino al 90% per settori come i locali da ballo, le palestre, il catering. Non va meglio per l’occupazione: un dipendente su cinque rischia di perdere il posto quando verrà meno il blocco dei licenziamenti.

«Qualcuno sta vivendo una lunga agonia: si regge in piedi tra ristori statali, proprie risorse e prestiti in banca – chiosa la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini, – tutto pur di resistere e vedere come andrà a finire, nella speranza che arrivi presto una ripartenza dopo la fine del piano vaccinale. Anche perché, a volte, chiudere ha costi proibitivi. O meglio, richiede una liquidità immediata che ora è merce preziosa, per saldare i debiti con banche e fornitori, pagare i Tfr ai dipendenti, sistemare ogni passaggio burocratico. Staccare la spina può essere perfino più difficile di tirare avanti a stento».

Preoccupano, quindi, le circa 7.500 imprese “zombie” tenute in vita dai ristori, ma di fatto inattive, che secondo Confcommercio Toscana potrebbero tradursi in altre cessazioni entro il 2021. «A meno di un miracolo, alla fine di quest’anno potremmo vedere una contrazione ancora più forte del tessuto imprenditoriale toscano – anticipa il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni – in questo momento l’unico settore vitale è quello dei servizi, innovativi in particolare, cresciuti in Toscana di 522 unità nel 2020. Per il resto è crisi nera: la ricezione turistica segna un -67% nei ricavi, la ristorazione -60%, il dettaglio non alimentare -41. Se non fossero arrivati neppure i ristori, per quanto pochi, il terziario toscano nel post-lockdown avrebbe perso almeno 20mila aziende».

E non poteva essere altrimenti, a fronte di un calo dei consumi fortissimo, pari al -14% dallo scoppio della crisi, unito ai blocchi delle attività imposti dai vari Dpcm. «Tra novembre e dicembre 2020 in Toscana abbiamo vissuto quasi sessanta giorni di zona arancione o rossa, con tante imprese costrette alla chiusura. Una situazione durissima anche a livello psicologico, oltre che economico», sottolinea la presidente Lapini.

Per i mesi a venire, la fiducia degli operatori resta ancora ai minimi termini. Il primo banco di prova arriverà a marzo, quando – salvo contrordine del governo – finirà il blocco dei licenziamenti. «Rischiamo di perdere il 19% del personale in organico», dice Marinoni.

«Il numero che in qualche modo restituisce la cifra della crisi delle imprese del terziario della Toscana fa riferimento al crollo dei consumi in regione registrato nel 2020: 12,2 miliardi in meno, meno 13,8% rispetto al 2019 – aggiunge il presidente di Format Research Pierluigi Ascani – gli effetti sull’andamento delle imprese sono evidenti: -20% di imprese nuove nate, quasi 1.400 imprese del commercio sparite, i ristoratori e operatori turistici che chiudono l’anno con oltre il 60% dei ricavi in meno e scarse prospettive per il futuro. Ed è allarme occupazione, con un quinto dei lavoratori nel terziario a rischio».

In questo scenario, i commercianti bocciano la recente introduzione del meccanismo del Cashback: l’87% degli esercenti lo considera un elemento non vantaggioso per la propria attività (specialmente nell’attuale momento di crisi), lamentando le eccessive commissioni sulle transazioni con moneta elettronica, che ricadono interamente sulle imprese. Un giudizio pesante che fa il paio con quello sulla gestione della crisi da parte del passato Governo, fortemente negativo per il 74% degli imprenditori toscani del terziario intervistati. E il 59% di loro (ma oltre 3 su 4 nel turismo) ritiene che le chiusure imposte a fine 2020 siano state eccessive. In media, è stata percepita come più soddisfacente la gestione regionale della crisi (ne è soddisfatto il 52% degli intervistati). 

 

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