Adesso è ufficiale: da Arezzo il giudice Roberto Rossi ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro la decisione del Csm di non confermarlo alla guida della Procura di Arezzo. A Rossi si contestava la prosecuzione dell’incarico di consulenza presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, conferitogli con il governo Letta e confermato dal successivo esecutivo guidato da Matteo Renzi, anche dopo l’apertura dell’indagine su Banca Etruria del cui consiglio di amministrazione faceva parte Pierluigi Boschi, padre dell’allora ministro Maria Elena. Rossi, ancora in forza alla procura di Arezzo, ha sempre sostenuto che il suo incarico di consulenza presso la Presidenza del Consiglio era finito nel 2015, mentre le indagini sul crac dell’istituto di credito aretino sono partite dal 2016. Secondo Roberto Rossi nella delibera del Csm “ci sono profili di criticità talmente manifesti da non potersi esimere dall’impugnare la decisione”. Il ricorso punta tutto sull’eccesso di potere del ministro della giustizia Bonafede: non poteva entrare nel merito della mia attività giudiziaria, dice l’ex procuratore, ma solo negli aspetti organizzativi, giudicati peraltro eccellenti dai suoi stessi ispettori. L’udienza per la sospensiva, primo atto del processo amministrativo, dovrebbe essere fissata tra fine gennaio e inizio febbraio. Se Rossi la vince torna procuratore, altrimenti il Csm dovrà bandire il concorso per il suo successore. Intanto in procura come del resto tutto il tribunale di Arezzo si assiste a un esodo di toghe di livello verso altre sedi: il 1° marzo Piergiorgio Ponticelli va all’ufficio gip distrettuale di Firenze; il 1° aprile va a Perugia il gip Angela Avila. In partenza anche il giudice Marco Cecchi, che va in Appello a Firenze. Con la valigia pronta pure il giudice fallimentare Michela Grillo.