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La Società che ha “riscoperto” Sestino

È stata celebrata la storia cinquantenaria del sodalizio dedito agli studi sul Montefeltro

Particolare della copertina del numero 35 della rivista “Studi montefeltrani”, presentato nell'occasione

Presso il teatro “Battelli” di Macerata Feltria (PU), sabato 15 aprile, è stato celebrato il cinquantenario della fondazione della “Società di Studi Storici per il Montefeltro”. Per l’occasione è stato presentato il n. 35 della rivista “Studi Montefeltrani”, davanti ad un pubblico numeroso, ad autorità locali, a studiosi provenienti da molteplici località, ben oltre il Montefeltro storico. Si presentava al pubblico anche il nuovo consiglio direttivo, presieduto dall’avv. Lorenzo Valenti, che è succeduto al prof. Roberto Monacchi.

Il volume in questione si apre con un articolo dedicato a Sestino: “Religione, società e territorio a Sestino nell’epoca tardo-antica”, cui segue un testo di F.V. Lombardi su “I due passaggi di S.Francesco nel Montefeltro secondo le tradizioni locali”, che ricorda il percorso nel territorio di Sestino. Ma molti studi fanno accenno a storia, chiese, personaggi, paesaggi e ambiente di Sestino nell’ambito di trattazioni che approfondiscono aspetti di tutto il territorio feretrano.

Questa premessa era doverosa, per sottolineare il ruolo della Società di Studi nella “riscoperta” di Sestino attraverso la pubblicazione di monografie e articoli che hanno riguardato direttamente il moderno Comune di questa terra tra Toscana moderna e Montefeltro storico nella lunga attività della Società, dando spazio anche a giovani ricercatori locali. Particolarmente importanti, in questi 50 anni di lavori, sono stati gli studi che hanno “scoperto” e divulgato la storia del Sasso di Simone e della sua città/fortezza, ad iniziare dalla monografia n. 3: Sestino. Storia civile e religiosa del Cinquecento (1973) ; poi Le Antiche vicende dei confini tra Marche e Toscana (1974), proseguendo con La fortificazione del Sasso di Simone di E. Coppi (1975); Una lunga storia e un delicato contesto. Studi preliminari alla redazione del Piano del Parco, I, (2007), località che poi viene esaminata con Il Sasso di Simone. Scritti di naturalisti toscani del Settecento, (1990); per terminare con Sestino: la sua storia la sua scuola(2018). Questo un elenco semplificativo e sarebbe lungo elencare la trentina di studi pubblicati sui vari numeri della rivista da studiosi provenienti da varie università e associazioni culturali .

Se tutto ciò si appaia con pubblicazioni apparse su case editrici le più disparate, con nomi italiani e stranieri, si capisce che c’è stato, per Sestino, un “rinascimento”, che non è stato solo culturale ma anche aspetti sociale ed economico perchè tutto ciò, oltre a portare un grande movimento turistico, è legato a scoperte archeologiche, a ristrutturazioni di edifici, come la Pieve di S. Pancrazio, già cattedrale del “Nullius”, gli affreschi di S.Donato, il restauro del palazzo comunale e del teatro “Cavallini”, il consolidamento dell’intero “castello“ di Monterone e di altre località, alla realizzazione di nuove sale museali e del “Centro visita della Riserva Naturale del Sasso di Simone”. La cultura “ha dato pane”, ha impiegato operai, ha portato nuovi elementi identitari, ha forgiato insegnanti, ha dato valori alla scuola, ha portato il nome di Sestino sulla stampa nazionale ed estera, ha coinvolto personalità internazionali, ha scoperto elementi che nei millenni hanno posto Sestino in condizioni non di isolamento ma al centro di molti interessi. E sia sufficiente ricordare che sestinati erano personaggi come i fratelli Voluseni e i Cesi, nominati governatori in varie province dell’impero romano, come in quel Ponto che oggi, con altro nome, è una terra di attualità per forti contrasti.

Ma in tutto ciò Sestino non era solo: importante erano le iniziative delle Soprintendenze, il coinvolgimento delle università, la partecipazione costante della Regione Toscana, della Provincia di Arezzo, della Comunità Montana della Valtiberina.

I 50 anni della Società di Studi Storici per il Montefeltro sono, dunque, una occasione ulteriore per un esame del passato e un programma di attività future, anche per mantenere il valore di quelle che spesso sono alla ribalta come “aree interne”, nelle divulgazioni della politica come delle diocesi ecclesiastiche.

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