Il pubblico del Festival dei Cammini di Francesco ha avuto l’occasione di assistere ad un doppio appuntamento con il poliedrico artista Moni Ovadia, ospite a San Giustino dapprima di un dibattito sulla figura del padre e poi di uno spettacolo dedicato all’enciclica Laudato si’ di papa Francesco.
L’incontro a Castello Bufalini sulla figura del padre
Il primo incontro si è svolto nel pomeriggio presso il Castello Bufalini: condotto dal professor Onori del Liceo Città di Piero di Sansepolcro, ha visto la presenza anche del noto psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini. Ovadia ha parlato del rapporto padre-figlio partendo dalla figura archetipica di Abramo, descritta sia in rapporto al padre Terach che al figlio Isacco.
Ecco allora il racconto della ribellione di Abramo che nella fabbrica di idoli del padre distrugge tutte le statue tranne una più grande, a cui lascia in mano la mazza come se fosse stata opera sua. Il padre non crede a questa versione: “Come possono dei pezzi di pietra a fare tutto questo?, chiede Terach. E allora perché ti inginocchi davanti a questi pezzi di pietra?”, risponde Abramo, compiendo così, con una messa in scena teatrale buffa, una ribellione senza violenza, che poi gli permetterà di essere un padre straordinario”, ha detto Ovadia, prima di passare a spiegare che quello che conosciamo come sacrificio di Isacco in ebraico è la legatura di Isacco.
“Vuol dire – ha detto l’artista – che insieme fanno una grande rappresentazione shakespeariana per far capire che bisogna bandire dall’orizzonte il sacrificio umano. In quel momento nasce il tabù dell’incesto perché l’operazione serve a finirla con il padre-padrone e a capire che per costruire società bisogna uscire dalla tribalità. Il padre è pedagogo del figlio che poi costruirà la propria vita. In questa operazione, l’alleanza fra le generazioni per costruire una società di giustizia e di equilibrio, c’è quello che noi dovremmo fare nella società spaventosa nella quale viviamo, le cui strutture portanti non amano i giovani, che devono andare via per trovare i lavori di eccellenza”.
“E una società di giustizia, di equilibrio, di armonia e di pace – ha poi aggiunto Ovadia – si costruisce partendo dal tu e non dall’io. Il problema è quello di farsi carico del tu e del suo ingombro, perché il tu non arriva come piacerebbe a te; riguarda gli immigrati come anche i figli. L’espressione più terrificante che sento è non sono come noi. E meno male! È la diversità che crea la tensione, l’interesse, lo sviluppo della relazione”.
L’enciclica Laudato si’ fra ecologia e giustizia sociale
L’appuntamento serale, al parco di Villa Cappelletti a Colle Plinio, impreziosito dalla musica della violocellista Giovanna Famulari, è stato dedicato invece all’enciclica di papa Francesco Laudato si’, di cui Ovadia ha letto e commentato alcuni brani: “Ritengo questo documento uno dei più importanti che siano comparsi negli ultimi quattro decenni”, ha detto in apertura. “È insieme sconcertante e naturale che un papa abbia scritto queste parole, però non ce lo saremmo aspettati in questo modo, con la forza, l’incisività di chi pensa che il suo dovere di rappresentante di un vastissimo numero di fedeli del mondo debba prendere coscienza radicalmente del punto nel quale siamo arrivati”, con riferimento “non solo al pericolo di una catastrofe ecologica”, ma anche alla “crescita esponenziale delle diseguaglianze”, che “sta creando nelle popolazioni più disperate una miseria terrificante tanto più brutale e violenta quanto più oggi i mezzi per fare finire questa spaventosa povertà sono a disposizione. Si spendono centinaia di miliardi di dollari in guerra, basterebbe una decima parte per risolvere il problema delle malattie curabili e della fame endemica”.
Dopo la suggestiva lettura di brani dell’enciclica legati ad ecologia e giustizia sociale, Ovadia ha commentato che “è ormai chiaro che il cinismo domina questo mondo. Non c’è cultura più criminale e nefasta della cultura del privilegio, e questo ci deve far capire che dobbiamo invertire il nostro modo di vivere su questo pianeta perché l’umanità abbia ancora futuro”. Moni Ovadia ha poi cantato il Padre Nostro in ebraico, “con l’intenzione di rivolgere i miei più fervidi auguri a questo straordinario pontefice, uomo grandioso che in questo momento, per quello che sta succedendo nel mondo, è un’impressionante benedizione; e potete capire con quale convinzione lo dica, essendo io un ebreo agnostico”.
Il video integrale dell’incontro pomeridiano Nel nome del padre: da Abramo alla generazione Z è disponibile nel canale YouTube di TTV.