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Sulle tracce della reglia e dei suoi antichi mulini

La Valtiberina e gli interventi di sistemazione idraulica: una risorsa storico-culturale da recuperare e valorizzare

La reglia dei mulini di Anghiari e, più a ridosso del Tevere, quella di Sansepolcro in una carta idrografica del 1889 del Ministero dell’Agricoltura. I numeri contrassegnano i mulini.

L’intera piana del Tevere è caratterizzata da piccoli fossi e canali di irrigazione che dimostrano quanto gli interventi antropici siano stati determinanti nell’aumentare la fertilità della zona: soffermandosi sul tratto toscano, tra questi merita un piccolo approfondimento l’antica reglia dei mulini, un corso d’acqua di origine artificiale che un tempo si diramava dal Tevere nei pressi di Montedoglio (poco a valle di dove oggi si ritrova la diga) per poi confluire nel Sovara in prossimità di Pistrino.

Realizzata nel 1228 al fine di fertilizzare la parte sud-occidentale della valle, la reglia doveva servire anche a riportare una parte dell’acqua del Tevere nei pressi di Anghiari, dato che nel 1197 fu stipulato un accordo con Sansepolcro per spostare, previo il consenso dei conti di Montedoglio, il corso del Tevere verso nord. Il fiume, infatti, scorreva originariamente più in prossimità di Anghiari e di conseguenza, per controbilanciare gli effetti negativi che la deviazione provocò ai suoi abitanti, il confine del contado anghiarese fu allargato di 1,5 miglia. È, dunque, proprio in questo periodo che si cominciò a scavare un canale, lungo il quale sorsero poi undici mulini: nel corso del tempo gli impianti molitori di questi ultimi vennero utilizzati non soltanto per la macinazione dei cereali, ma anche per la triturazione delle foglie di guado e per gualcare i panni (probabilmente è proprio a causa del colore che la reglia assumeva in seguito a tali attività che la stessa venne successivamente chiamata anche “Acquaviola”).

Tutti questi interventi sono ancora oggi leggibili consultando fonti cartografiche del passato (come la Pianta del piano di S. Sepolcro e di Anghiari in causa mulini del 1782), così come quelle molto più elaborate del presente, dalle quali si possono, ad esempio, esaminare le tracce morfologiche e toponomastiche dall’area. Oltre a ciò, la possibilità di visitare questi luoghi e di interagire con persone che ancora oggi, in maniera indiretta, ne custodiscono la memoria, consente di ricostruire i tratti principali di uno spaccato storico di indubbia rilevanza culturale.

Pianta del piano in causa mulini, 1782

A partire dagli anni ’50 del secolo scorso la reglia ha gradualmente diminuito la sua portata ed oggi diversi tratti non sono più visibili in quanto interrati: sempre confrontando la cartografia della metà del Novecento con quella attuale si può infatti vedere come prima la linea blu fosse molto più marcata di quella attuale. Allo stesso tempo anche degli undici mulini sono rimasti pochi segni: al di là dell’unico che continua ad essere attivo e operativo, per una parte di questi è possibile individuare visivamente soltanto alcune componenti architettoniche tipiche, oltre che i relativi toponimi, capaci talvolta di rivelare l’antica vocazione di certi luoghi.

Qualcosa di analogo può inoltre essere riscontrato in prossimità di Sansepolcro, sia in alcuni punti del torrente Afra, sia lungo il corso di quella che una volta era la reglia dei mulini borghese.

In un’epoca in cui la tecnologia consente agevolmente di geo-localizzare questo tipo di testimonianze, illustrandone in maniera più o meno interattiva il passato e mettendone a sistema le informazioni, potrebbe essere sensato, oltre che opportuno, recuperare e salvaguardare una risorsa culturale che ancora oggi potrebbe essere in grado di spiegarci il rapporto che i valtiberini di un tempo avevano instaurato con l’ambiente circostante al fine di ricavare da questo il necessario sostentamento.

Fosso della Reglia (Map data © OpenStreetMap contributors, CC-BY-SA)

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